Mangiare il pesce, fa bene?

Di sicuro non fa bene al pesce, ma possiamo anche dire che, in termini di contaminazione dei nostri amici marini, abbiamo un problema di tipo globale il che significa (per chi li mangia) una potenziale fonte di interferenti endocrini, microplastiche in gran quantità e sostanze che a lungo andare potrebbero creare vari problemi di salute perché queste sostanze agiscono (come abbiamo spesso detto) sommandosi; in pratica un po’ qui, un po’ lì e il gioco è fatto.

Per oggi voglio concentrare la mia attenzione su un solo gruppo di sostanze dette PFAS ossia sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche; sono oltre 4700 composti eterogenei con proprietà anfipatiche (sia idrofile che idrofobe) ed eccezionale stabilità alla degradazione chimica e termica, motivo per cui sono molto usati dall’industria.

In realtà ne abbiamo già parlato in maniera esaustiva nei precedenti articoli, raccontando di come siano presenti nei rivestimenti delle padelle antiaderenti, sui tessuti impermeabili, negli imballaggi, come rivestimento di lattine di prodotti alimentari, buste di pop corn da micro onde, nei cosmetici, nei tendaggi e in molti altri prodotti ancora, il tutto sfruttando l’estrema resistenza e le loro caratteristiche chimico fisiche che però sono anche il motivo per cui vengono appellati “for ever chemicals” con chiaro riferimento alla loro “resistenza” e dunque all’impossibilità di smaltirli se non con tempi ciclopici.

Ciò significa che questi “for ever chemicals” si ritrovano nell’ambiente, nelle acque ad uso civile e in particolare nell’ambiente marino, dove per via dello smaltimento delle industrie vanno ad inquinare pesantemente i loro ignari abitanti. Altrettanto ignari sono i “terrestri” che se ne cibano e che potrebbero trovarsi nel piatto, insieme ai gamberi, una bella porzione di PFAS.

Nello studio citato in questo interessante articolo (https://www.dica33.it/notizie/39549/pfas-nella-catena-alimentare-pesci-crostacei-molluschi.asp) , i ricercatori hanno verificato la concentrazione di 26 Pfas tra i più comuni nei pesci più consumati, quali merluzzo, salmone, eglefino, capesante, aragoste, tonni e gamberi, tutti prodotti acquistati nei mercati locali e provenienti da diverse regioni. “I peggiori sono risultati essere i crostacei: gamberi e aragoste avevano infatti tra 1,74 a 3,3 nanogrammi di alcuni singoli Pfas per grammo di carne, mentre la concentrazione media negli altri tipi di pesci e molluschi era al di sotto del nanogrammo per grammo di carne”.

Ma quali sono i potenziali effetti dei PFAS sulla salute?

Ad esempio, effetti endocrini che influenzano la fertilità, il controllo del peso corporeo, la tiroide e la funzione delle ghiandole mammarie. Sono stati osservati effetti sullo sviluppo nei bambini come alterazioni nel comportamento o pubertà accelerata, ma anche nei neonati che vengono al mondo con un peso ridotto. Un rischio aumentato di cancro ai reni, alla prostata e ai testicoli è stato associato all’esposizione a lungo termine ai PFAS nella popolazione generale insieme a disturbi nel metabolismo del colesterolo o a una ridotta efficienza del sistema immunitario contro le infezioni. Molti studi, inoltre, hanno esplorato il legame tra la concentrazione di PFAS e diversi ormoni, come quelli tiroidei e gli ormoni sessuali mettendo in evidenza le problematiche di cui spesso abbiamo parlato.

Altro interessante articolo dal titolo “Molecole PFAS: una preoccupazione importante per la salute umana e l’ambiente” lo trovate qui https://www.mdpi.com/2305-6304/10/2/44

E’ dunque un problema di difficile soluzione, almeno finchè non esisterà una normativa adeguata che riguardi l’intero gruppo di queste sostanze nocive e non solo alcune di esse (essendo più di 4700). E’ nostro compito, per tutelare la nostra salute e anche l’ambiente da cui dipendiamo direttamente, vigilare sul rispetto delle norme da parte delle aziende, non comprare prodotti nocivi e segnalare i numerosissimi casi di inquinamento dei fiumi, del terreno e dei mari. Non dimentichiamo mai che da “consumatori” abbiamo in mano la leva per far cambiare i meccanismi di produzione e di attività anche di gruppi grandissimi e potenti; basta non comprare quel prodotto, è un gesto dirompente, quello della “coscienza” con cui ci rapportiamo al gesto dell’acquisto.

Per concludere credo che si possa dire che mangiare il pesce, in termini nutritivi, potrebbe anche far bene, nonostante ci siano tante alternative vegetali molto più salutari (lo sapete che il “semplice olio di lino è un ottimo integratore dei famosi omega 3 e 6?) ma la questione è che se continuiamo così non solo non resterà neanche un pesce, ma tutti quelli pescati saranno a dir poco di dubbia utilità.

Dott. Paolo

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